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  • Immagine del redattoreLe Due Frida

Viva la vida

di Anna Grespan e Aurora Scremin



Nel momento di estrema vicinanza con la morte, Frida Kahlo decide di soprenderci ancora e ricopre una tela di sgargianti cocomeri rosso vivo. Non contenta, al centro di una succosa fetta scrive: “VIVA LA VIDA – Frida Kahlo – Coyoacán 1954 Mexico”. Questa era Frida: abituata a camminare da sempre con la morte al suo fianco, aveva imparato a conoscerla ed a non averne paura.

Ad agosto del 1953, la Kahlo subisce l’amputazione della gamba destra per un’infezione che aveva provocato una cancrena. Muore per un’embolia polmonare il 13 luglio del 1954, a soli quarantasette anni. L’artista lascia la vita che aveva così ardentemente celebrato in tutte le sue forme. Solamente 8 giorni prima di quella fatidica data aveva completato quest'opera. Si potrebbe, quindi, considerare questo quadro come il testamento della Kahlo, che ha fatto del dualismo tra vita e morte il fulcro della sua arte. I cocomeri, infatti, simboleggiavano la connessione con i defunti durante la tradizionale festa messicana “Dia de los Muertos”: essi venivano lasciati come offerta ai cari deceduti per celebrare con gioia la loro esistenza. La vitalità dei loro colori e la scritta che la pittrice pone in mezzo alla tela possono sembrare, da un punto di vista occidentale, in netto contrasto con questa simbologia: così, attraverso la contraddizione, e quasi beffeggiandoci, Frida ci mostra l'intimo intreccio tra gioia e dolore, salute e malattia, vita e morte.

“Viva la Vida”, una natura morta con angurie, alcune intere, altre tagliate a metà o a fette, è un vero e proprio inno alla vita. L’opera potrebbe apparire quasi banale, non conoscendo la storia dell’artista, invece, se contestualizzata, essa racchiude un messaggio forte e profondo. Nel dipinto, il frutto centrale è intero, rotondo come la Madre-Terra; mentre i cunei tagliati attorno ad esso mostrano la ricca carne rossa, costellata qua e là da numerosi semi neri, garanti di nuova vita, di rinascita. La prospettiva appiattita denota l’influenza dell’iconografia degli impressionisti e post-impressionisti europei, in particolar modo del pittore francese Paul Cézanne. La pennellata, meno accurata, più fuggevole ed imprecisa, rende tangibile il peggioramento delle condizioni di salute dell’artista iniziato nel 1951. Fino a quell’anno, le opere di Frida consistevano principalmente in autoritratti e si distinguevano per la loro esecuzione tecnica estremamente precisa e dettagliata.

I soggetti del quadro si stagliano su uno sfondo che si divide tra cielo e terra. La composizione schiacciata porta l’occhio dell’osservatore a passare da un frutto ad un altro ed a tornare puntualmente sulla fetta centrale incisa con la frase sopra citata.

L’ultimo dipinto di Diego Rivera, terminato poco prima di morire nel 1957, appena tre anni dopo la Kahlo, è una natura morta con protagonisti i cocomeri e pare riecheggiare l’opera dell’amata, riaffermando il suo amore per lei. Tuttavia, le angurie di Rivera sono meno rotonde, più allungate, alcune stanno già per avvizzire: un’immagine che profuma di morte e dolore, più che di gioia e di vita.

“Viva la Vida” è il lascito, il messaggio ultimo di Frida, per se stessa e per chi vive: la vita, malgrado tutto, è come una fetta di anguria da succhiare fino all’ultima goccia.


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