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  • Immagine del redattoreLe Due Frida

Il lascito dei fratelli Lumière

di Aurora Scremin


Immagino che dal titolo qualcuno possa pensare: «Ecco l’ennesimo testo sulla nascita del cinema», ma, credetemi, il mio intento non è quello di annoiarvi con la solita storia – se così si può dire -, bensì quello di sottolineare come ancora oggi il cinema dei fratelli Lumière riecheggi nell’essenza e nella concezione del nostro cinema, nei dispositivi tecnologici tutt'ora usati e nell’idea odierna di rappresentazione. Probabilmente sarà un azzardo creare dei ponti tra il primo cinema e quello attuale, ma lasciate che ci provi.

Prima di tutto, però, credo sia necessaria un’introduzione – brevissima, lo prometto – sul contesto storico nel quale il cinema ha avuto origine. A partire dagli anni ’20 dell‘800, molti furono gli studi scientifici inerenti alla percezione ottica dell’immagine, uno tra i tanti quello sulla persistenza retinica di Joseph Plateau, grazie al quale si scoprì che la retina dell’occhio ha la capacità di trattenere una determinata immagine per qualche frazione di secondo, anche dopo che l’immagine stessa scompare dalla visione reale; il cervello, in un secondo momento, mette in sequenza le immagini. Proprio grazie a questi studi, vennero inventati una serie di strumenti per creare immagini in movimento, i quali, con il passare degli anni, furono oggetto di continui accorgimenti e miglioramenti. Fino al momento in cui, nel 1895, a Lione, i fratelli Lumière, proprietari di una delle più grandi aziende di prodotti fotografici, diedero alla luce il cinématographe.



Tra il 19 e il 21 marzo 1895 girarono il loro primo film: non L’arrivo del treno alla stazione di La Ciotat (1896), come molti pensano, ma L’uscita dalla fabbrica Lumière a Lione. Il 28 dicembre 1895 i due fratelli organizzarono la prima proiezione pubblica a pagamento della storia, all’interno del Grand Cafè, in Boulevard des Capucines, a Parigi: il programma della serata prevedeva la proiezione di dieci film, ognuno dei quali aveva la durata di 40 – 50 secondi.

Fu un enorme successo, tant’è che i successivi spettacoli videro una crescita esponenziale di spettatori. Il cinematografo dei due fratelli ebbe una diffusione globale velocissima, basti pensare che solo 9 mesi dopo il famoso 28 dicembre, avvenne la prima proiezione Lumière in Giappone. Concludo qui la mia digressione storica, per passare al nocciolo della questione.

Per prima cosa voglio far notare come i film dei fratelli Lumière, contrariamente a quanto viene spesso affermato nei testi accademici, non avevano uno scopo documentaristico, ma quello di mostrare la notevole capacità del cinematografo di cogliere immagini in movimento e di proiettarle su un grande schermo. Molta, quindi, era l’attenzione data all’inquadratura e alla composizione dell’immagine, caratteristica che ritroviamo ancora più minuziosa nel cinema di oggi. In ogni singolo film dei Lumière, a seconda della necessità rappresentativa, veniva adottata un’angolazione ben definita; i movimenti all’interno dello spazio dell’inquadratura avvenivano in tutte le direzioni, dal basso verso l’alto, da sinistra verso destra e in diagonale per dare profondità di campo; gli elementi erano disposti nello spazio accuratamente; niente era lasciato al caso, nemmeno i costumi, e tutto era studiato nei minimi dettagli. Il cinema diventa il mezzo di rappresentazione della modernità, ma con un gusto dell’immagine tutto pittorico.

Se consideriamo la durata dei film di oggi, come i 161 minuti di C’era una volta a… Hollywood (2019) di Quentin Tarantino o i 209 minuti di The Irishman (2019) di Martin Scorsese, i pochi secondi dei film Lumière, dovuti alla ridotta quantità di pellicola che il cinematografo riusciva a contenere, ci potrebbero risultare bizzarri, addirittura inconcepibili. Eppure, oggi più che mai, siamo abituati a questo tipo di brevità. Strano, ma vero! Pensate, ad esempio, ai video realizzati dagli utenti dei social network più in voga oggigiorno: quelli di TikTok hanno una durata massima di 60 secondi, quelli di Instagram di 15 secondi. Tutto viene ridotto ad un piccolo frammento di tempo.

Un’altra grande novità che il cinema Lumière apportò fu l’applicazione di uno standard di visione: mentre nelle rappresentazioni pittoriche non vi erano delle proporzioni definite, l’immagine filmica doveva essere in 4:3, ossia il rapporto tra la base e l’altezza dell’immagine doveva essere di 4 a 3. Il quattro terzi, anche definito 1,33:1, fu lo standard di visione cinematografica fino agli anni ’50, quando la concorrenza con la televisione spinse il cinema ad aumentare la propria natura spettacolare: si diffusero in questo modo, insieme al colore, dei formati molto più panoramici. Oggi al cinema il formato 4:3 è stato prevaricato dai formati 1,85:1, 2,35:1 e 2,40:1, formati larghi ed estremamente panoramici. Eppure, il quattro terzi non è del tutto uscito dalle nostre vite. Può essere che in questo momento stiate leggendo queste parole sul vostro tablet, comodamente distesi sul vostro divano. Beh, sappiate che state leggendo su uno schermo che ha le medesime proporzioni del cinema Lumière di fine ‘800.

Come ultima cosa vorrei evidenziare come l’idea del rivedersi, dell’auto – rappresentazione sia nata e cresciuta con il cinema. Quando i fratelli Lumière giravano i loro film, le persone affollavano il posto delle riprese, perché erano consapevoli del fatto che il giorno dopo si sarebbero riviste sul grande schermo. Non è forse la stessa idea che sta alla base dei selfie? Lasciando da parte la condivisione che se ne fa nei social network, i selfie, così come le comparse nella scena di un film, nascondono quel bisogno, legittimo o non, innato o culturale, di osservarci dal di fuori, di prendere maggiore coscienza della nostra identità e di scoprire l’immagine di noi che diamo al mondo. Eccovi qui dimostrato come il primo cinema abbia ancora una grande influenza nella nostra vita quotidiana. Voi che ne dite?

Vi lascio di seguito il primissimo film della storia, il punto di partenza di quella che sarà per sempre la nostra fabbrica dei sogni.


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