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  • Immagine del redattoreLe Due Frida

Il labirinto

di Anna Grespan



Virginia si guarda intorno, muovendo velocemente gli occhi color smeraldo. Realizza di essere circondata da una fitta coltre di foglie e sottili fili d'erba. Non si ricorda come è finita lì, ma ora ci è dentro e vorrebbe dare un senso alla sua presenza.

Cerca di alzarsi e nota le calze sporche d'erba all'altezza delle ginocchia. Quanto le piaceva, da piccola, correre fino a perdere il fiato nel prato dietro casa e poi cadere, stremata, sotto ad un'immensa quercia che la proteggeva dalla calda luce del sole. Lì sotto, il tempo sembrava rallentare e lei si sentiva sprofondare dolcemente nel manto erboso, libera.

La sensazione, quel giorno, però, era diversa. Il volto di Virginia aveva perso il suo colorito rosa, per lasciar spazio al tipico pallore della nausea. Il respiro era affannoso e percepiva sul petto come un macigno indissolubilmente legato alla sua persona tramite dei filamenti di muschio, che le impedivano di muoversi. Era tutto nella sua mente: niente era mai stato così surreale e reale allo stesso tempo.

Si rende conto di essere nel bel mezzo di un sentiero, come quelli che si possono percorrere nei boschi, ma questo non aveva fine ed era costeggiato da altissime siepi impenetrabili. Volgendo lo sguardo in alto, Virginia riesce a scorgere piccoli pezzi di cielo che riflettono il colore acceso della vegetazione circostante. Il profumo era quello pungente delle piante selvatiche ed accentuava il senso di vomito.

Aveva l’impressione di essere impigliata tra i rami di un forte albero, eppure la possibilità di districarsi c'era: non affogare nell'immobilità, liberarsi di quel peso opprimente sul petto e alzarsi. Alzarsi e trovare una strada nello smarrimento.


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